venerdì 2 dicembre 2011

Nuova collaborazione: Marni for H&M

Ci risiamo: neanche il tempo di riprendermi dalla botta della capsule collection Versace for H&M, che seriamente mi aveva fatto temere di arrendermi ad un inverno fatto di squillanti stampe caraibiche e tubini in pelle e borchie di dubbia eleganza, ed ecco che subito il colosso svedese mi cala il punto così (perdonate il linguaggio tecnico da giocatrice d'azzardo, le feste s'avvicinano e con esse le infinite veglie fatte di pocker, black jack e sette e mezzo), con una sublime, almeno a quanto sembra, collezione firmata da Marni, in vendita dall' 8 marzo 2012 in 260 negozi  H&M nel mondo e online.

Marni for H&M (via D. repubblica.it)


Stampe geometriche d'ispirazione Bahaus e colorati motivi tribali, che ricordano l'Africa più calda e nera che c'è: questi i temi della capsule collection, che comprende una linea donna, una linea uomo e anche una (io spero nutrita) sezione bijoux e accessori, per la gioia di tutte le amanti del marchio creato nel 1994 dalla svizzera Consuelo Castiglioni e piazzato subito ai primi post nelle wishlist delle più eleganti appassionate di moda.
"Volevo creare un vero guardaroba Marni per H&M rivisitando tutti i nostri pezzi preferiti" rivela così la stilista, che nel 2006 ha lanciato anche un' e-store, in collaborazione con Yoox, garantendosi così un aumento dei ricavi del 15% nel 2008.
In attesa di carpire immagini più dettagliate, posso sicuramente ammettere che, per questa linea, davvero correrei il rischio di passare la notte fuori dal negozio, in attesa dell'apertura: per Jimmy Choo manco mi sono accostata, Lanvin ,a parte qualche bijoux e maglietta, era delizioso ma poco portabile per me (e quando l'avrei indossata quella goduria gialla con la mega ruche?).. l'ultimo acchiappo che ricordo è la collezione Matthew Williamson, snobbata non si sa perchè dalle fashion victim, di cui sfoggio ancora orgogliosa il golfino fucsia con il ricamo-pavone e il bikini con stampa-mi-ricorda-tanto-Pucci. Quindi dopo il flop di Versace (e io ho provato pure ad ingentilire i leggins su Polyvore!) non posso che programmare una precisa tattica di guerra, con la speranza che il supermegestore appena inaugurato a Napoli sia uno dei punti vendita selezionati... finger cross!

Al di là delle mie strategie di guerriglia urbana, l'interrogativo che mi pongo è un altro: ma cosa spinge un marchio come Marni a stringere un accordo con un colosso del fast-fashion come H&M? E perchè H&M tra tutti sceglie Marni? Al di là di un discorso di vendite e di attirare le fasce di consumatori più giovani, forse bisogna guardare oltre: il gruppo svedese si garantisce  un corposo database di schizzi, disegni, bozzetti e modelli (perchè, se devono produrre, da qualche parte dovranno pure attingere no?) e questo va tutto a vantaggio delle competenze e skills di produzione e design... e chissà, magari in collezioni successive, vedremo un tripudio di stampe like Marni (piccola digressione: ma li avete notati i dress H&M della scorsa collezione diciamo glamour, quelli con il targhettino oro? Con pieghette, ruches, colori forti... li ho trovati molto simili a quelli di monsieur Lanvin). D'altra parte, Marni oltre a veicolare la propria brand identity ai consumatori più giovani, utilizza il traino H&M per farsi conoscere all'estero: le vendite al di là dei confini italiani costituiscono infatti l'80% circa del fatturato, e il Giappone viene considerato un mercato ben consolidato ormai... toh, ma circa un mesetto fa  H&M ha aperto un negozio a Fukuoka, uscendo così dai confini della prefettura di Tokyo...solo coincidenze?

il co-branding secondo stiletto&puparuoli

Il co-branding così, porta vantaggi ad entrambi, e non solo a livello di immagine. Quello che si spera è che porti vantaggi anche ai consumatori. L'esperienza Versace, con tubini di pelle che hanno raggiunto quota 200 euro e passa (!!!) è emblematica; se H&M ha un certo posizionamento sul mercato dal punto di vista dei prezzi, non può scostarsi troppo da quest'ultimo: per quanto il capo sia disegnato da una matita very glamour, resta comunque un prodotto di cui la qualità non è certamente il punto forte, ed è giusto che mantenga un prezzo adeguato.. il jeans di Roberto Cavalli for H&M, per esempio, (bei tempi di una volta..) lo pagai credo 50-60 euro, leggermente in più rispetto al prezzo medio di un jeans H&M, ma comunque in linea con la strategia di vendita praticata.

Inoltre, se i prezzi aumentano, dove va a finire il principio di democraticità della moda, tanto osannato dai sostenitori del fast-fashion? Il rischio, per il retailer, è che l'arma della capsule-collection gli si ritorca contro, facendogli perdere appeal sul mercato, oppure peggio, di abituare il consumatore a tale formula, determinando una perdita di interesse verso il prodotto. Abbastanza difficile, visto il tam-tam mediatico che puntualmente si scatena dopo ogni lancio, unito agli accampamenti fuori ai negozi, alle corse e risse che si scatenano durante il giorno previsto di vendita.

Di sicuro, si è perso quell'aspetto di novità e rischio che c'era dietro ad operazioni del genere: chiunque potrebbe e (probabilmente vorrebbe) disegnare una collezione per H&M. Maestro e sperimentatore per eccellenza fu in origine Karl Lagerfield: se non fosse stato per lui, che ha aperto la strada a tale esperienza di co-branding, probabilmente adesso non starei qui a progettare un piano di azione, utilizzando i carri armati del Risiko, allo scopo di agguantare almeno un esemplare della collezione... e di questo non posso che ringraziare monsieur Karl.
E  adesso sbirciate con me nella video-presentazione della capsule collection: io sono letteralmente impazzita per i bracciali! Voi invece, su cosa avete messo gli occhi?



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